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Psicodialettica, 1999

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Nel 1992 usciva Negazioni: un libro sulla filosofia dell’artificiale. Lo ricordiamo perché, nel sesto capitolo di quell’opera, erano state illustrate per prima volta, sia pure in modo sommario e non ancora del tutto articolato, le caratteristiche di quella materia che abbiamo voluto chiamare Psicodialettica.  È questa, come fa intuire il suo nome, una psicologia dialettica che propone, alla speculazione filosofica e alla prassi terapeutica, alcuni nuovi strumenti, teorici e pratici. Nel 1993 e 1994 erano stati poi redatti i due articoli fondativi della nuova disciplina.  Essi furono letti in sede filosofica, in occasioni di convegni sulla filosofia e la scienza dell’artificiale. E solo nel 1999 furono inseriti e sviluppati in un volume destinato all'adozione universitaria. Recentemente altre fonti fecero indebitamente proprio questo nome, usandolo tuttavia in modo spurio e destinandolo ad un uso del tutto diverso.

 

Tributaria della fenomenologia hegeliana e d’alcuni contributi della junghiana Silvia Montefoschi, la psicodialettica si pone come la descrizione di un processo che avviene, e/o deve avvenire, in ogni esperienza umana. Così come avviene nella storia dell’umanità e nella storia della filosofia. Affiancandosi anche alle idee della psicologia analitica, il modello di un processo iniziatico d’individuazione, così come descritto nella fenomenologia psicodialettica proposta dall’Autore, apporta un contributo di maggior ampiezza e chiarezza al percorso junghiano, proseguendo, con luce theravada, il cammino di Jung laddove quello s’interrompe. (IMES)

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É possibile una psicologia dialettica come scienza? Nell'orizzonte culturale, filosofico e scientifico del nostro tempo è ancora realmente possibile la fondazione e l'elaborazione di qualcosa come una psicologia razionale filosofica come scienza, o, come Rossi preferisce esprimersi, di una psicodialettica, giacché, da Platone in poi, la dialettica è sempre stata il metodo imprescindibile d’ogni genuino filosofare? (Giacomo Rinaldi, 1992)

 

La coscienza non è un fisso e statico essere, astratta identità, bensì processo, essere che si nega come immediato e astratto per porsi come essere intrinsecamente concreto, negando in tal modo l'originale negatività della sua immediata astrat­tezza; in quanto processo la coscienza è dunque negatività, alterazione, scissione in opposti contraddittori ed esclusivi, ed è altresì doppia negazione, duplex negatio, ossia soluzione e riconciliazione della sua immanente contraddittorietà in una totalità concreta e finale. (Giacomo Rinaldi, 1992)

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