
Nel mio dialogo con Yourcenar ben convengo che l’infanzia e la vecchiaia sono i due stati più profondi in cui ci è dato vivere. In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita. Convengo anche che gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nell'età in cui si deve por mano alla lunga frazione dell'Opera, illuminata o affannata, oppure ne è già uscito. Il vano tumulto dell'età di mezzo di cui parla Yourcenar non è un destino fissato e immutabile. In tanti casi, forse tutti, la gran mascherata può esser posta in altrove da una scelta serena e tenace dello spirito.
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(Ma l’incontro - con me e i miei prescelti - continua… e s’accresce; se vuoi ritorna a leggerci dunque. Ci troverai mutati)