
Orfeo commuove col suo canto i tiranni infernali, tanto che accettano di restituirgli Euridice, la moglie morta. Proserpina aveva posto però una condizione: che Orfeo, prima ancora di vederla, s'incamminasse e mai si volgesse a guardarla fino al regno dei vivi.
Si volge all'uscita e s'incammina dunque Orfeo per ritornar nel mondo. Euridice e il dio lo seguono nell'infero sentiero.
La Diafana cammina trasognata.
Lui la precede,
solo il dio la segue.
Tacciono le belve,
sospeso intanto
e rattenuto il fiato.
Lui le cammina,
lo sguardo fisso,
innanzi.
Lo starà seguendo?
Lei
così leggera?
Lei così persa?
Il dubbio l’attanaglia...
Improvviso il dio la ferma: si è voltato, le dice.
Lei non comprende e a bassa voce: chi?
E a passo lento
come trasognata
si volge indietro donde era venuta.
Dobbiamo a Virgilio le fonte prestigiosa della leggenda. Racconta il Poeta che Euridice, essendo stata restituita a Orfeo, andava verso l’aria aperta seguendo Orfeo da dietro. Ma un'improvvisa follia prese l’incauto amante, che ahimè!, vinto nell’animo, si volse e guardò la sua Euridice.
Lì ogni fatica fu dispersa e furono rotti i patti del tiranno
spietato, e tre volte un fragore fu sentito negli stagni averni.
Quella disse: “Chi mandò in rovina me misera e te, o Orfeo?
quale grande follia? Ecco di nuovo i crudeli fati mi chiamano
indietro e un sonno seppellisce gli occhi che vacillano. Ora addio:
vengo trascinata dopo essere stata circondata da una notte profonda
e mentre, non più tua, tendo a te le mani prive di forze!"
Parlò e improvvisamente fuggì dagli occhi,
come il tenue fumo mescolato all’aria, e Orfeo non vide
che cercava invano di afferrar le ombre.