
Credere? A cosa? E poi. Credere o sapere? Io lavoro con strumenti junghiani, perché mi paiono i più completi; ma quando Jung "fa il matto" mi apro alla verifica, all'ascolto, all'osservazione. E se Jung non mi convince sto dalla parte di Freud. Faccio un po' come con l'omeopatia. Sono aperto. Aspetto fiducioso che qualcuno me la dimostri. Ma fino a quel momento non la sposo. Jung una volta disse: "Io non credo, io so". In sé questa frase mi piace, ma non sono certo che il suo "sapere" fosse sapere.
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Kant, nella sua Lettera alla Signorina Charlotte von Knobloch, ebbe a scrivere: "Io non so se alcuno possa mai aver notato in me tracce di una mentalità inclinata al meraviglioso o di una debolezza che possa facilmente esser mossa alla fede, Quello che è certo è che, nonostante tutte le storie di apparizioni del mondo degli spiriti, ho sempre trovato più conforme alle regole della sana ragione il volgersi dalla parte negativa; non perché io presuma di averne penetrato l'impossibilità, ma perché nel loro complesso non sono sufficientemente provate... ".
Io mi sento un poco più aperto di Kant. Nel dubbio, nell'attesa, non mi pongo in posizione negativa, ma solo neutrale, o meglio, equanime. Aspetto senza desiderare, senza credere, senza fretta. Cerco nuove informazioni, chiedo a conoscenti se le hanno, prometto di ascoltarle senza pregiudizio.
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Del resto l'atteggiamento di Kant non fu diverso. Che cosa originò la sua lettera alla von Knobloch? Fu il problema Swedenborg. Ovviamente non posso soccorrere qui chi non conosca Kant o Swedenborg o entrambi. Su Internet troverà quel che gli serve. Io devo tornare in fretta a riprendere il mio filo perduto e riferire cosa fece Kant in merito alla questione.
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"Io scrissi a questo uomo singolare e la lettera gli venne consegnata da un mercante inglese a Stoccolma. Mi si riferì che il signor Swedenborg aveva benignamente accolto la lettera e promesso di rispondervi. Ma la risposta non venne".
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Aver insegnato per una trentina d'anni metodologia della ricerca scientifica mi ha reso certamente più prudente ed esigente, in queste faccende, di quanto non possa esserlo chi ha potuto dedicarsi a più liete mansioni. Ma così è; qualora gli argomenti di cui disponiamo al momento non siano sufficientemente probatori non posso far altro che attendere dati eziologici migliori e più completi. Per l'omeoptia e altro.