Ogni accusa è autobiografica, quindi dire che quel tal scrittore è inadeguato, è parlare di sé. Questo è quanto afferma Edoardo Camurri, che così procede (la sintesi è mia): i peggiori impiegati delle lettere, i critici che si ispirano ai comunicati stampa, i vincitori di premi letterari… sono anche "i primi accusatori della sempreverde corruzione letteraria". Il fatto è che hanno il problema, non da poco, di "avere un io fra le mani e di non sapere come fare a liberarsene". Camurri ci ricorda la posizione di Rodolfo Wilcock e il suo "programma di distruzione della vanità letteraria". Ricorda che Wilcock "glorifica la totale indifferenza artistica dello scrittore autentico nei confronti della censura" e quindi aggiunge una seconda parte al suo pensiero: "ogni accusa è autobiografica […] solo se non è corretta da una cosmologia o dalla sprezzatura".
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Che cosa è la sprezzatura? Camurri dà a questo punto
la parola a Cristina Campo.
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"Prima di ogni altra cosa sprezzatura è una briosa, gentile impenetrabilità all'altrui violenza e bassezza, un'accettazione impassibile - che ad occhi avvertiti può apparire callosità - di situazioni immodificabili che essa tranquillamente 'statuisce come non esistenti' (e in tal modo ineffabilmente modifica), ma attenzione. Non la si conserva né trasmette a lungo se non sia fondata, come un'entrata in religione, su un distacco quasi totale dei beni di questa terra, una costante disposizione a rinunciarvi se si posseggono, un'ovvia indifferenza alla morte, profonda riverenza per ciò che è più alto di sé e per le forme impalpabili, ardimentose, indicibilmente preziose che quaggiù ne siano figura" (Campo, Gli imperdonabili, 100).
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Una sorta di buddhità quasi. Ma ancora Camurri. "Wilcock ha il privilegio della solitudine, un privilegio intollerabile in ogni forma di società , figuriamoci in quella letteraria. […] Piuttosto che essere uno scrittore come gli altri, Wilcock preferirebbe forse essere una barbabietola. […]
Dalle barbabietole impara / a stare zitto"
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